Faluto alla Focietà Civile

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Amici, concittadini, patrioti, focietà civile, dopo anni di ffruttamento del corpo e della mente della claffe operaia ho trovato la foluzione. Operaie e mogli di operai affittatevi, fono  quafi 50.000 euro che vi arrivano frefchi frefchi in faccoccia (100.000 alla induftria che vi fegue durante la produzione del marmocchio). Ftavo parlando l’altro giorno con gli Elkann per mettere giù una fabbrichetta a Roma, groffi hangar con letti, televisori, cellurari, ogni ben di dio, cofi produrrete in tranquillità durante i 9 mesi. Forza compagni e compagne, finalmente il padrone non vi ffrutta più.

Ricascare dai Monti

Aggiornamento Bis

Monti il Modesto
Ieri mi è capitata una cosa singolare.
Ero in un ospedale milanese con mia mamma ed a un certo punto è arrivato il prof. Mario Monti con sua moglie. La signora Monti si doveva sottoporre alla stesso intervento per il quale era in attesa anche mia mamma. La cosa inaspettata è che il Professore è arrivato senza scorta, ha fatto la coda come chiunque e la moglie ha aspettato il suo turno come chiunque. È rimasto seduto sulle scale in attesa per tutto il tempo, poco prima c’era anche la moglie, nessun salottino privato o quant’altro. Ha parlato con chiunque gli chiedesse qualcosa senza nessun problema ed ha lavorato tutto il tempo. Vorrei dedicare tutto ciò a quei beceri che ci rappresentano che in continuazione sfruttano la loro posizione per avere un proprio tornaconto sempre e comunque. Il senso di tutto è che quando si è grandi lo si è senza bisogno di doverlo palesare ed ostentare !

 

(commento alla immagine dell’autore della foto pubblicata su Facebook come riportata sopra alcuni quotidiani di oggi)

 

 

Monti seduto per ore sulle scale, il popolo si commuove da sotto i ponti… al di là della battuta, siamo piccioni, piccioncini da lardellare, siamo tortorelle da picchiettare con il pucipucipuci sul cranietto ronde, almeno niente più lamentele e grida, dolori e sofferenze, se questi inchiappuntano ad ogni istante, se mandano il cane da guardia dai piani alti, se  fanno levare la merda dalle punte delle loro scarpe a suon di baci… lodateli, appoggiateli, dateglieli, loro saranno generosi, aperti, modesti, graziosi, disponibili e ridanciani. Per parte mia penso solo che Renzi vacilli davvero, che si avvicini il cambio del guidatore del calesse e Mr. Europa pensi sia di nuovo il suo turno… eppure non è così lontana l’epoca Istituto Luce del Loden del Monti e gli episodietti di spese al mercato della Sciura Monti… non vi ricordate, ah la memoria…

Aggiornamento: seconda inchappuntata

Boldrini a Lesbo indossa salvagente “per salvare l’Europa” (Ansa)

Aggiornamento Bis

Imbarazzante articolo di “lecchinaggio”di Severgnini sul Corriere.

Traguardi d’arte (Da Un Marziale non a Roma)

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Dissacrar queste bell’ arti

spacciandoti per lor figlio,

tu sei la Nemesi, i Parti

per i Romani, il Giglio

incoronato per gli Almanni!

Filosofo portator di malanni

sfiancator di versi sghembi,

fai il parco ma infine azzanni

ogni cosa, t’attacchi ai lembi

della tovaglia e tiri e strattoni.

Elfi, Tragici, contadini tutti buoni

per cavarne fuori la tua moneta

e se cade soldo non senti ragioni

ti getti a muso basso, oh Poeta,

poeta fiscale, poeta aritmetico

innalza la tua voce, un emetico

sei per gli stomaci educati,

sei il filosofo petopatetico,

assilli e affanni noi disgraziati.

Il frusciar di pagine t’è solletico

al volto, giammai vi ficchi sguardo:

arrivare alla fin del viaggio analfabeta

ecco, oh artista, l’estremo tuo traguardo.

Kapò piccini picciò

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Dittature mediocri hanno mediocri servitori, questo spiega il livello bassissimo di certi che lavorano incontro al fuhrerino e puntellano, con la loro schiena docile, quello che DEVE essere il pensare comune, mentre con la mano controllano la saccoccia piena; più che kapò sono kapocchie: una sfregata e sono già belli che consumati. Si atteggiano a uomini pirici mentre sono solo uomini piriti.

ALLEVIARE LE SOFFERENZE DEL POPOLO ITALIANO ovvero LO STATO E GIOVANNI ALLEVI

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Il tempo scorre inesorabile, l’insieme di borbottii si sommano senza possibilità di una pausa, un silenzio, non c’è nulla da fare. Volevamo, settimane or sono, fare un piccolo intervento sulla ennesima Allevianata in quel di Monza, abbiamo tardato tanto per ripescare dal vecchio blog i precedenti di questo nostro (dis)interesse per il pianista sotto il fungo tricotico, ma il tempo scorre inesorabile e prima ancora di vedere la nostra puntata Allevi rilancia. L’intenzione era quella di sottolineare come questo Stato, tanto martellante sopra vacue frasi come “aiutare e formare i giovani” o “evitare che le generazioni più recenti debbano fuggire all’estero”, nella pratica desse innumerevoli esempi di come le intenzioni siano esattamente le opposte. Il caso Allevi, io credo, può rientrare tranquillamente tra questi esempi. Senza dover riprendere la questione sulla ridicola pretesa di “rinnovare la classica” (leggete a tal proposito le puntate precedenti) noto la solerzia dello Stato e delle Istituzioni ad incensare il più possibile questo personaggio costruito a tavolino. Si sprecano i concerti di Stato, le occasioni ufficiali, le concessioni di cavalierati. I politici fanno a gara, dall’alto della loro assoluta mancanza di conoscenza musicale (ma oseremmo dire culturale) per accaparrarsi il “nuovo Mozart”, con buona pace di Amadè che potrebbe infine rivelare l’ubicazione dei suoi resti rivoltandosi pesantemente nella tomba. Tra esecuzioni di Alleviate miste a massacri di Puccini, inni d’Italia al pianoforte degni di uno che ha appena visto il piano e ci giochicchia con 3 o 4 dita, Allevi è spinto, sospinto, innalzato, dimostrando come l’interesse dello Stato per le persone “capaci” sia da mettere sullo scaffale delle “balle quotidiane”.

 

L’elettissimo pubblico dell’evento pro Expo monzese si diletta, quanta invidia..

 

Allevi non è un capace, non è un meritorio, è un prodotto del mercato e di qualche produttore, rivolto ad un pubblico di bestie musicali per dare loro l’illusione di vivere un momento storico. Quando ci si infila in qualche negoziaccio di musica generalista (tale è per me la Ricordi oramai… o la Feltrinelli) ecco che campeggia il tricotico tra parrucche ben più lodevoli. Qualcuno probabilmente si illude di ascoltare classica in questo modo, per certi versi dimostrando di patire un complesso di inferiorità mai ammesso e che nessuno, dico io, vorrebbe che fosse presente visti gli esiti. Lo Stato incita e spinge ed ai tanti disgraziati che affrontano un Conservatorio, faticano sopra due scuole (perché da solo il Conservatorio è impossibile o quasi) e si ammazzano di fatica per poi finire a fuggire o a fare la fame, lo spudorato favoritismo verso la nullità in pelo e capello risulta essere una offesa spaventosa. Di nullità musicale, lo ribadisco fino allo sfinimento, si tratta, nullità compositiva ed esecutiva, basti vedere questo osceno tentativo di presentare quella che secondo questo ignorante (perché sospettiamo pure che non faccia solo finta, ci sia pure una certa  ignoranza musicale di base) sarebbe una specie di trascrizione di una suite di Bach per violoncello. Qualsiasi orecchiante (non c’è bisogno di scomodare variazioni illustri o pianisti e musicologi) qualsiasi orecchiante dico, con un minimo di pratica alla tastiera, sente come tale “trascrizione” non sia altro che la riproposizione pari pari, a poche dita, con giusto qualche sbrodolata chiassona nell’accompagnamento.

 

Beccati questa Bacccheee

 

Qualora si ritenesse che non vuole essere trascrizione sed esecuzione i medesimi orecchianti sanno perfettamente e possono provarlo con lo spartito, quanto sia semplice eseguire una suite per violoncello sul pianoforte, è davvero semplice, dunque il nostro “genio” invece di mettersi a suonare qualcosa di classico e scritto per tastiera, preferisce fingere trascrizioni… perché? Perché la carenza tecnica, costantemente presente all’orecchio quando esegue una sua composizione o quando massacra il già non esaltante inno italico, risulterebbe palese. Al massimo ci aspettiamo in futuro qualche pezzo facilissimo (dico da eseguirsi, non da interpretare) come l’Adagio Sostenuto della Sonata n. 14 di Beethoven,  eternata (ahinoi) come Chiaro di Luna. Trattandosi di pezzo abbastanza semplice (sempre per quanto riguarda la fattibilità della riproduzione delle note) ed essendo banalizzato al pari di una Gioconda mi aspetto prima o poi che il nostro Fungone lo presenti alla folla degli abitanti di Livadeia.

Come scrivevo in principio però il tempo scorre inesorabile e così il nostro ha pensato di aggiungere carne al fuoco. In occasione di quel mistero che prende il nome di Giffoni Film Festival il nostro, davanti ad una folla di pargoli che gli ha decretato una “standing ovation” (così scrivono sulle gazzette) a dimostrazione del fatto che il termine di innocenti è ampiamente abusato e che Erode meriterebbe una difesa, tra le molte palle, pallottole e palline riversate dal nostro pare che sia arrivato a questo pensiero che, per come la penso, definirei fondamentale se non fondante della visione del mondo del nostro “nuovo Mozart”.

 

Un giorno – racconta – ho capito che dovevo uscire dal polverone e cambiare approccio con la musica, anche se si trattava di quella classica. Stavo ascoltando a Milano la NonaSinfonia di Beethoven. Accanto a me un bimbo annoiato che chiedeva insistentemente al padre quando finisse. Credo che in Beethoven manchi il ritmo. Con Jovanotti, con il quale ho lavorato, ho imparato il ritmo. Con lui ho capito cos’è il ritmo, elemento che manca nella tradizioneclassica. Nei giovani manca l’innamoramento nei confronti della musica classica proprio perchè manca di ritmo

 

Al di là del raccontino ad usum Cretinorum e della spruzzata favolistica da La Fontaine (perché i partecipanti ci appaiono tutte autentiche BESTIE parlanti) ci piace ammirare come il fanciullino Alleviano rappresenti il pubblico ideale, il bimbo che si annoia (cosa naturale e non ci vedo nulla di male) è l’obbiettivo commerciale, ha bisogno di ritmo, il tum tum nello stomaco, così pensiamo, il ghirigori di quelle quattro scale in croce, basso mediocre più che continuo. Allevi si compiace e si compiace nel dire assurdità, salvo poi accorgersene (o forse dietro imbeccata) e smentire perché dire che Beethoven manca di ritmo non solo è una stronzata, ma è anche una prova evidente del fatto che il “nuovo Mozart” non ha neppure una minima idea di quello che racconta, perfino i neofiti si rendono conto che in Beethoven il ritmo è una delle componenti fondamentali. Ma dato che il nostro deve sponsorizzare la “musica del domani” (lui) ecco che a Ludwig avrebbe fatto bene una esperienza concertistica con Jovanotti (altro miracolato) per apprendere il senso del ritmo come ha fatto Allevi. Il sospetto è che il nostro, visto il deciso e quasi totale rifiuto da parte degli addetti ai lavori della classica e, più in generale, del pianoforte di appoggiare le sue false modestie o le sue pretese, ora preferisce appoggiarsi tra elementi italici del genere Jovanotti, certo più capaci di vedere e credere che Allevi sia il “nuovo Mozart”, d’altro canto, come si era ricordato in un post che ci costò il biasimo di un Jovanottiano (o di Jovanotti stesso, almeno così pareva presentarsi) Jovanotti (dal cognome musicalmente illustre) gode da anni di curiosi finanziamenti anche per cose che, in teoria, rientrerebbero nell’ambito della classica, scuole d’opera, preparazione di opere musicali, culminando il tutto pure in un suo libro sopra Mozart dove ovviamente il nostro Amadè ha i tratti del ribelle alla Jovanotti. Magari questo critico musicale in erba potrà col tempo riscrivere i capitoli e dare una foggia Alleviana e diventare il Battista del Messia della musica del futuro, nel frattempo lo Stato continuerà a parlare di “impegno per le giovani promesse” e di “onorare la fatica e la capacità”, tra una sonata di Allevi e l’altra, magari ancora a Monza dove Maroni si è detto “pazzo d’Allevi” e la cosa non ci stupisce dall’attuale capo di un partito che confonde il Nabucco con I Lombardi alla prima Crociata e si sceglie per inno il canto di ebrei prigionieri pensando che siano dei “padanissimi”…

PS: a dimostrazione della protezione Statale (un giorno sapremo il perché?) del nostro geniale fungone Allevi ha pure composto l’Inno delle Marche ovviamente per volontà somma della Regione, pare si cerchino autori per il testo, scrivete Lorenzi da Ponte, scrivete, scrivete…

E di come ogni Stato sia Stato senza mai essere Stato … astrazioni sul Lotto.

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Che poi devo confessare, lettori miei, come io fatichi a non provare fastidio per i musei: son luoghi dove le arti sono tenute a guisa di prigioni, dove si respira aria di famiglie dilaniate, di pargoli strappati alla pietra originaria del seno materno (nel caso di affreschi lo “strappati” dice tutto) carceri o alla meglio asili di fortuna, dove ogni cosa viene incolonnata ad uso e consumo, dove, a seconda della Mercuriale dei tempi, schiere di sarti ritagliano spazi e spezzano atmosfere, privando i colori di una loro sostanza, le architetture di un loro senso, gli intendimenti d’una loro bussola. Con fastidio talvolta mi aggiro tra questi disperati, ma ne comprendo la necessità e abbozzo, certo godendo del fare raffronti che altrimenti avrebbero necessitato memorie ben più forti, per così dire antiche, di quelle che riempiono oggi le teste.

Sullo Stato dello Stato, quando è Stato e come è Stato… ignora l’arte e mettila da parte.

an_antique_dealers_gallery-largeFrans Francken il Giovane

Tanto è basso il grado della cura di chi ci governa per le cose antiche e tanto è lo spregio dei loro scrigni detti musei ch’ogni italiano, colto dalle profonde ferite, toto corde si precipita a scriverne, con lagna e alte grida, per tutto codesto orbe intelato, e così ad andare per molti musei ci si trova spesso soli giacché, a differenza di noi scriteriati e dimentichi di tutti questi orrori, il gran numero delle genti non trova tempo di frequentare le molte e molte stanze perché perderebbe la novella bega e si asterrebbe dal rintuzzare a forza di rimbrotti lo Stato traditore.

SCRIVI e FUGGI

Kilroy was here

I festival della letteratura, le riunioni dei letterati, i sodalizi artistici di gruppi, la scrittura a 40 mani, ali babà e i 40 barboni, i sensi di colpa esistenziali, munchausen a mauthausen. Per una volta lascerò la fettuccia del “senza volere fare paragoni/paralleli”, dato che mi pare evidentissimo il divario e la discrepanza, eppure mi ritrovo in Simenon e mi rammento in Borges. Quale senso avrebbe un “simposio” di scrittori? In teoria sono animali rari che fuggono la luce del giorno, strisciano, cesellano, lavorano, vanno a ripescare nel cestino perché, alle tre del mattino, si svegliano ricordandosi che forse quella pallottola di carta era più efficace del dispiegamento massiccio del loro arsenale, disposto alla meglio sopra una monticciola bianca. Questi animali strani non sono da branco, scambi sulle tecniche di assalto alle giugolari, mai diffondere i segreti, seminari sopra l’accerchiamento ad usum artificum, non sono materia d’istruzione, sapere accerchiare in solitudine è atto di fede, atti sopra l’arte del collocare punti, virgole e punti e virgole? Solitari, ma ancora più solitari e restii se devono mettersi in mezzo ad altri millantatori: non ha senso, gare di destrezza, esibizioni da buffoni sopra il palchetto, tra l’allodola e l’alzavola, a mostrare piumaggi e gorgogliare… non è roba da pianisti seri, la tastiera non si mostra se non inoperosa, il foglio deve essere o tutto bianco o già ricolmo, con i margini stiracchiati per far saltare fuori quella desinenza che sempre ha fatto il pieno al cenone.

George Simenon: “Non abbiamo nulla da guadagnare noi scrittori a frequentare altri scrittori. Noi dobbiamo frequentare gente qualunque (…). Quando parlo con il sindaco del paese di qui, parlo dei problemi del paese e questo è interessante. Quando parlo con un fattore che mi parla delle sue mucche, questo è interessante. Ma quando parlo con uno scrittore che mi parla di letteratura, questo non mi interessa (…). Un operaio che parla del suo mestiere mi interessa, perché mi insegna qualche cosa”.

Mi rammento in Simenon e mi ritrovo in Borges, seduto in una sala che saprà forse di chiesa ma dove il dogma non regna, nonostante certi sforzi, certi corpi in torsioni da scardinare i nervi, alcuni discutono, altri giocano al primeggiare, anche i migliori ne escono con le ossa spezzate, Borges no, rifugiatosi nella ceguera si può anche permettere di discorrere in mezzo a loro, ma non li percepisce davvero o forse li annulla, un consesso di scrittori è un errore mortale, fossero anche per la maggior parte (e quasi sempre lo sono) gente che gioca a recitare la parte dello scrittore o, perdonatemi, si canta artista. Borges conversa perché li ha filtrati, come se possedesse uno di quegli anelli che donano particolari poteri, ne filtra l’essenza, non sono scrittori, altrimenti è meglio fuggire.

Chi scrive dovrebbe evitare il carrozzone, il carro, neppure appoggiarsi un secondo alle stanghe, evitare la fiatella dello scrivere testone a testone, i premi, i dibattiti, rifinisse il naso (i nasi vanno rifiniti, porcaccia la miseria, si devono addestrare come il tartufo d’un segugio o si cadrà facilmente tra le grinfie dei Tartufi) rifinisse il naso lo scrittore e sentirebbe puzza di lercio anche sui manifesti, le firme incolonnate, liste della spesa politica, fantaccini sociali in marcia verso la sventagliata di mitra, sì, rifletteteci, ci piazzate la firma e finite ad odorare i posteriori delle firme altrui tendendovi, per quanto siate poco elastici, fino a porgere le terga della vostra firma agli scribacchianti che vi seguiranno. Con questo che non vi venga il buzzo di iniziare voi una raccolta, scarligare in questi pozzi è un attimo di questi tempi, per favore, sareste solo in cima al letamaio e la puzza, se ci pensate bene, sale. Così mi pento, miei signori, mi pento per quel pochissimo di me che ho lasciato scivolare in quegli anfratti, ero giovane, avevo belle speranze, così si dice, sono solare e caduto sul fronte orientale (metà si dice ancora, la seconda la si è scordata perché le origini stupirebbero, vedi Klemperer) ma vedrò che non accada, non tanto per voi dato che ignoro ogni cosa della vostra esistenza, salvo una lieve condiscendenza nella lettura, ma per una questione di sanità e disinfestazione.