Cioran, lettere a Wolfgang Kraus

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Ieri sera, verso le dieci, sono uscito di casa; in piazza Saint-Sulpice la chiesa era illuminata. Sono entrato. Nessuno. Assolutamente vuota. Di solito, il giovedì santo la chiesa rimane aperta sino alle due di notte. Neppure un fedele. Ho pensato subito a lei, alle obiezioni di Etkind, che non sono le mie: egli è contro la religione per principio, anch’io lo sono, ma solo perché non possiede più forza vitale. Sono allo stesso tempo religioso e irreligioso. La cristianità è stanca, e io la odio a causa della sua stanchezza. La fede ha ancora una speranza? Nel mondo “libero” purtroppo no, salvo il caso di una dittatura atea su scala planetaria. Allora i suoi moniti e le sue speranze diventerebbero attuali e urgenti. Questa possibilità esiste.

E. Cioran (Lettera a Wolfgang Kraus, Venerdì Santo, 4 marzo  1980)

I mass media sono sicuramente una catastrofe per l’Occidente, ma la causa reale è più profonda e incurabile. Non c’è salvezza per una civilizzazione che non crede pù in se stessa. Posso azzardare una profezia? Tra cinquant’anni Notre Dame sarà una moschea.

E. Cioran (Lettera a Wolfgang Kraus, 11 gennaio 1987)

Grida lo schifo

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Non posso che odiare con tutto me stesso questa epoca di somma tolleranza repressiva. Ho orrore e schifo di queste false libertà che vengono distribuite a piene mani, con quel minimo di resistenza per dare l’illusione di una conquista, sono prede morte, artificiali, sono esche agganciate all’amo. Ogni desiderio è concesso e dunque svuotato di un reale piacere e poi sostituito da altri desideri indotti, un parossismo che fa agitare le membra come sotto scariche elettriche. Il tempo di popoli e di governi per procura è speso nel modo più rapido o lento di abboccare, tutto si infrange nella scatola di cristallo, piccole pareti fragili vengono introdotte dalle mani dello scienziato, testano la rapidita nello sbattere il muso, testano la furbizia della scorciatoia, testano il vuoto riempito di vuoto. Se gridi lo schifo ecco che la tolleranza si abbatte sul tuo capo, massime concordate a tavolino tra pochi e propagandate ai quattro angoli (meno uno) del pianeta per renderti schiavo di te stesso e così degli altri, lo strillone sbava e il fiotto denso esce dal megafono e noi sotto, bestie senza più remore, che ci abbeveriamo con questo liquido.

Tamquam leo rugiens circuit, quærens quem devoret

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Il Pastore non si cura del suo gregge, anzi, si impiccia del gregge altrui, incita a che si riservino alimenti e cure alle pecorelle diverse dalla sue, mentre il suo popolo resta sotto la pioggia e assediato dai lupi. Bergoglio ha dimostrato in questi giorni di che pasta è fatto, oltre ad avere dimostrato di non essere né cattolico né cristiano. Perfino un bambinetto apprende che la Resurrezione è il punto centrale di tutto, la religione cristiana nasce grazie a questo evento e a questa speranza, non è un caso che ebrei rifiutino di crederlo e i musulmani perfino neghino che sulla croce ci finì Gesù. Si tratta dunque di un elemento fondante, la base di tutto, assieme alla Eucarestia e a quanto viene sancito con l’Ultima Cena. Bergoglio si è interessato solo della Lavanda ed è riuscito lo stesso a traviare per completo il messaggio. La Lavanda è per i discepoli, per i cristiani, lui invece la trasforma nel festival di autoesaltazione del “pontificato rivoluzionario”. Via Crucis ed è tutto un migranti, accogliete e via cantando, insomma la povertà intellettuale (e la ipocrisia) di Bergoglio splendono di tutta la loro luce sinistra in questi giorni. La povertà intellettuale si evince da questo suo perenne simbolismo fatto di faciloneria, sofferenza croce sofferenza migrrranti, insomma non riesce ad andare oltre l’ABC e perché?

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Paolo Poli (1929 – 2016)

  Paolo Poli se ne è andato, portato via da qualche brutto malanno, a Roma nell’ospedale Fatebenefratelli, proprio come Palazzeschi e come Palazzeschi Poli era nato a Firenze e le ultime apparizioni sono legate ai versi dello scrittore fiorentino.

  Paolo Poli se ne è andato e con lui una memoria enorme fatta di frequentazioni interessantissime, di aneddoti che ogni tanto tirava fuori dal cappello, ma che in parte resteranno ignoti perché non volle mai scrivere una vera biografia, né una memoria. Era della vecchia scuola del teatro, quella che considera il lavoro l’unico spazio di confronto delle qualità e che ritiene il proprio mestiere e la propria figura destinata a svanire. Totò pensava la stessa cosa, pur con tanti film alle spalle, ancora ripeteva che di lui non sarebbe rimasto nulla perché questo è il malinconico destino dell’attore. Poli fece poco cinema, non so se perché poco propenso o se mal utilizzato, certo poteva essere un raffinato caratterista, ma dedicò quasi tutta la sua vita alla radio ed al teatro, inframezzato a quelle scorribande che definiva marchette: a tante cose di contorno che gli servivano per pagarsi il suo teatro e, negli ultimi anni in particolare, per vivere dignitosamente visto che la pensione, diceva, era misera. L’anno scorso si è improvvisamente ritirato, stufo di un mondo che era troppo cambiato, a partire dal pubblico, e di una serie di inadempienze economiche da parte di alcuni comuni che non l’avevano mai pagato per i suoi spettacoli. Propaggini di quello Stato che oggi, per almeno 24 ore, lo piangerà. Ignoro se fosse già iniziata la malattia, resta il fatto che lontano dal teatro Poli è morto in breve tempo, pur avendo fino a pochi mesi or sono mostrato di essere ben presente in fisico e mente.

  Paolo Poli non c’è più, uscito di scena un venerdì mentre sulle televisioni impazzavano porcherie come quelle di Bonolis, una televisione volgare che è tanto più volgare quanto più pretende, in alcuni momenti, di assumere toni seri, che sbraca sulla nonnetta, il cretino, la parodia parossistica della checca, il lecchino e compagnia bella. Chiaramente con un mondo del genere uno come Poli non poteva spartire più nulla, così come dimostrano anche delle pessime interviste visibili in youtube dove Poli, ora annoiato ora evidentemente innervosito, cerca comunque di alzare il tono di conversazioni fatte di domande banali e ritrite.

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Cosa ci resta di Poli. Putroppo il meglio come sempre è rappresentato da quello che non potremo più avere ovvero lui sul palco. A differenza di Totò la sua presenza registrata in video è poca e discontinua, dei video degli anni ’60 con un Poli ancora giovane, un bel ragazzo longilineo che però pareva, a volte, un po’ maestrino nel suo modo di fare, ma penso fosse naturale, gioventù e concorrenza lo spingevano a sottolineare a volte questa sua certo non banale cultura. Poi il Poli maturo, anziano direi, quello che aveva saputo temperare con maggior grazia e senso dell’umorismo, quello che porgeva la sua profondità senza farlo pesare, più come un gesto di onesta civetteria: oltre all’età penso che concorresse  a questo atteggiamento anche la certezza/tristezza di rappresentare oramai una rarità in un mondo di letture affrettate e scarsa curiosità.

PS: Quando una persona muore sarebbe meglio non guardare i giornali, i giornalisti, razza problematica, tendono a proiettare sopra il morto le loro paturnie e i loro desiderata e così, vedo che Poli, da sempre schietto portatore della sua identità (come individuo, non come mero portatore di tendenze sessuali) viene prima di tutto ricordato per quello che lui non è mai stato: un coraggioso omosessuale dichiarato, un difensore dei diritti omosessuali e via dicendo. Ridurre la carriera ampia e complessa di uomo certo non comune a questo è l’ulteriore esempio del degrado di questo mondo contemporaneo. Poli non mostrava simpatia per l’esibizionismo da Gay Pride, non si vestiva da donna fuori scena e non gliene importava nulla di matrimoni e cose simili. Ora, neppure a corpo freddo, lo si investe del ruolo di ambasciatore postumo di cause da lui mai affrontate e neppure considerate degne di tanto baccano.

Bubba Bergoglio

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In Forrest Gump uno dei personaggi più divertenti è  Bubba. Appassionato di gamberi e desideroso di farsi una fortuna pescandoli, Bubba passa la giornata a ripetere i mille e più modi per cucinare i suoi amati crostacei. L’effetto è molto comico, l’ossessiva sequenza di gamberi arrosto, gamberi fritti, gamberi con questo, gamberi con quello, rimane facilmente impressa nella memoria dello spettatore. A quanto pare in Vaticano hanno il nuovo Bubba, invece dei gamberi però il nostro attore preferito è ossessionato dai migranti, vede i migranti ovunque, praticamente parla solo di migranti ed ai migranti; siamo certi che non possa neppure pucciare i cornetti mattutini nel cappuccino senza pensare a quanti migranti vorrebbero quel cappuccino. Bubba Bergoglio ci dice dunque che la Lavanda è per i migranti e che la via crucis è per i migranti e che il volto di Cristo è nei migranti, dato che non pensiamo che si proponga di mangiarli, sospettiamo comunque che ce li voglia dare a bere.
Le sue azioni, dal forte valore pubblicitario (il simbolico prevede una raffinatezza di analisi, queste sono plateali come la pubblicità della Coca Cola), si accompagnano a discorsi che non esiterei a definire boldriniani. In pratica Bergoglio conferma quotidianamente di aver scambiato il Soglio di Pietro per l’Onu o un incarico ministeriale…

Stitichezza quotidiana

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France’ hai fatto tutto ‘sto casino, percorso blindato, romani incazzati, miggrrrrrrranti, fuori da San Pietro, e sei in fondo all’Ansa e l’Adnkronos manco te caca… che tristezza e tu sul cesso questa mattina a sfogliare nervoso i quotidiani… aspe’ c’è pure lo sciopero dei poligrafici, mo’ sei pure senza carta.