Elenchi (22-06-16)

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Pro Loco, Pro Loci, Deus Loci, Deus Vult, Mea Culpa, Turpe est, Ovest, Pro Loci, Pro Loco, Sintetizzatori, fiabe, feste, ciarpame, accatto, accattone, Pasolini, Ragazzini, Ragazzoni, Automobili, Contadini, Tutti Buoni, distese, insenature, Senatur, Miss Qualcosa, Mi scappa, inseguimenti, imbecilli, donne barbute, donne paffute, Mode, Modà, Modì, Modò, Pomì, Pizzette Catarì, accumuli, sdoganamenti, artisti di grido, cantanti da urlo, mattoni da lancio, foto, insensibili, foto, fottere, me ne fotto, disciolti, delinquono, accattoni, papisti, pappette, feccine, miserrimi, santissimi, buffoni di corte, corto maltese, falco in arnese, balaustra illustrata, ticchettio, gocciolio, tramestio, sensazionalismo, bestemmismo, sfida a Dio, moda consunta, quadrettoni, fesserie, Tutti Buoni, giocolorie, trampolerie, Donald Trump, Brexit, Brescia, Kafka, Gotcha, Gott mit uns, Europa Unita, saldi, polli, allevamenti, passerelle, pasterelle, una mano lava l’altra, lava scende, inceneriti, pulcini, galline, gattini, foto, cazzate, foto, graffiate, foto minchiate, una padella antiaderente, uno che non sa mai niente, venghino siori e siore, Christo cammina tra i tonti, Christo cammina tra i pirla, Christo cammina tra Christo, Cristo fulmina Christo, parafulmini elettorali, sottosegretari, anabasi, ritorni, scavalcamenti, scavalcafossi, scavalcaminchie, salterelli, santerelli, poca sostanza, poca credenza, mobili svenduti, materiale già visto, vecchiume, foto, stronzate, foto, tessere, sviluppi, attendi, un treno in fronte, regionale per domani, ieri è passato, regionale per i piedi, a piote sui binari, linee parallele, turbosfere, carbonare, Roma e spaghettare, sindaci, sindachesse, sindacassi, trovassi, trovarobiere, teatro, steatro, furti con incapacità, ladri di galline

(ricomincia da capo)

Antifonte di Ramnunte

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Nell’Etica Eudemia Aristotele ricorda che Antifonte di Ramnunte, oratore ateniese e artefice, tra gli altri, della Boulé dei 400 che prese in mano le redini della politica ateniese con il colpo di Stato oligarchico del 411, appena sostenuto un discorso a sua difesa nel processo intentatogli dopo la caduta dei 400, processo conclusosi con la sua condanna a morte, rispose così all’elogio di Agatone: al saggio un solo giudizio, ma di persona competente, vale assai più di molti giudizi qualunque (1232b). Il discorso di Antifonte fu davvero eccellente, così come attesta Tucidide che ebbe forse modo di ascoltarlo di persona. Questo dovrebbe essere uno dei pochi fari a dominare il nostro cammino. I giudizi della marmaglia non valgono nulla, i pareri di un gruppo quasi informe di plebei ipnotizzati, giorno per giorno, da voci che dicono loro che potranno essere quello che vogliono, di essere tutti artisti e geni, tra poesie che fioriscono nel cuore e un canto d’amore, questa mediocre e indistinta melma di buzzurri che opinano sopra qualsiasi cosa, come fa la peggior teppa giornalistucola, non sono degni di ascolto… a parere mio neppure sono più degni di quei tentativi folli e scriteriati di soccorso e pietosa dottrina. Guardali, questi campioni dei tempi presenti, sempre di fretta per inseguire il loro nulla, a ciancicare parole altrui, frasi altrui, pensieri altrui, a propalare a colpi di “da leggere tutto” “devi vederlo” “devi sentirlo” le loro banalità quotidiane, il manualetto del cittadino comune che si illude di fare parte di cerchie ristrettissime, di conventicole neocarbonare, guardali e vedrai come procedono in gruppo, senza neppure sapere quale è la pecora a guida, avanzano per i rivoli artistici (danno nome d’arte a quello che pensano li possa far sentire intelligenti, come certi monaci che battezzavano pesce la carne di venerdì) guardali e vedrai che fanno, dicono e guardano le stesse cose, seguendo l’eco modaiolo della solita nazione lontana, seguendo musiche tribali tum tum dove di eccellente c’è l’intuizione di rifilare ad ignoranti questo borbottio semianalfabeta, guardali e, l’hai fatto già, capiterà sempre una debolezza, ascoltali consigliare la visione della banalità 7 premi, 2 oscar, una grolla, sgrollateli di dosso codesti ricercatori di banalità sommerse, due dita di sterco sopra e prendono patate per pepite. Guardali e ricorda Antifonte di Ramnunte.

Di satire e buffonerie

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Premessa generale: del comico e della opinione comune

Di questi tempi noto sempre più come i comici siano diventati una sorta di punto di riferimento politico. Non parlo di Grillo. Dico proprio i comici in piena attività, si citano le loro battute quasi fossero riflessioni di peso, si ricordano pezzi di monologhi, alcuni si spingono, in effetti, a fare dei comizi e punto, ad esempio la Guzzanti Sabina, da me sempre ritenuta non proprio una grande cima comica e certo inferiore al fratello (e al padre! sic…) con questo suo trucco e parrucco, i tic esasperati e una certa innegabile fissità dello sguardo ha portato avanti una comicità impegnata (o civile, come si suol dire… e la comicità civile è davvero stridente) che è sempre più parsa una sorta di tribuna politica monocratica dove la comica, dall’alto dello schermo e del più o meno elaborato impiastricciamento del volto, spara sentenze a nome d’altri dicendo, così pare intendere, di rivelare il vero messaggio del politico di turno. Si scomoda tradizione antichissima, si scomoda Aristofane, ma lasciamo stare, il paragone ci pare pure un po’ suicida perché l’abisso artistico è patente. Rimane il fatto che in questa epoca di comici candidati e candidati comici le battute di spirito, la satira, la vignetta vengono oramai ampiamente utilizzate e citate come punto di riferimento per il giudizio politico e umano sopra i personaggi in campo. A volte si dimentica che la comicità è comunque caricatura, se critichiamo le fattezze di un volto basandoci sulla caricatura andremo poco avanti.

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Bandiera Teschi e Strisce

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L’Europa e gli Stati Uniti sono morti, definitivamente. Gli Stati Uniti verranno apparentemente salvati, per modo di dire, dalla loro distanza, ma in realtà sono perfino morti prima di noi, di fatto è da loro che ci è arrivato il morbo principale, sotto forma di tanti “cambiamenti di costume”, come si ama dire, in realtà si tratta della biancheria intima sporca ed infetta, buttata sui nostri paesi e da noi raccolta e indossata.

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Un giorno non sapremo neppure più dove andare a pisciare

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Come si diceva pochi giorni or sono non me ne può fregare di meno del Family Day e non me ne frega nulla del SvegliaItalia day etc… vedo tutto questo come il parto di un episodio della famiglia Bradford e dunque si morirà democristiani: morire democristiani non significa seguire una via religiosa o avere fede, ma semplicemente adattarsi secondo il momento, rendere il tutto ufficiale con un bel timbro e reclamare a destra e a manca che pure noi si deve avere questo e quel foglio da incorniciare. Intanto si ride, sopra, si ride molto, si ride sulla pelle altrui.

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Schermaglie minori

the_dream-largeJean Baptiste Edouard Detaille, il sogno, 1888.

 

Siparietti, danze in parallelo, palestre addobbate con le perline, giochi di luce e democrazie dietro ad un vetro, gli eroi come allo schermo dei televisorini dispiegati si sbracciano, agitano le manine, il popolino acclama, ansiti di celebrità, libertà sopite e gingilli di stelle e strascichi. Uno diceva che il popolo è puttana e puttana lo era pure lui, magari un po’ più cara, ma il culaccio a peli e strisce lo vendeva, a volte arrivava al rango di ballerina di ultimo ordine di un café chantant decaduto: locali nati con il guizzo del marpione, con le speranze del salire di grado e lussuria, poi le fabbrichine, i giringirelli, il favore a questo e quello, la fame, gli sconquassi, fino a reclutare gli scarti degli altri mondi. Le guerre, le guerre sono il contraffaccia del bighellonare d’estate sotto i portici di Bologna, fatevene una ragione, non li volete più i portici? Non volete bighellonare? Allora cancellate le guerre. Intanto gli dei si mostrano irraggiungibili, non li puoi scalfire al naso con una capsula volante, non li raggiungi con trepiedi, tutto è perfetto, onore, gloria, ricchezza e fama, il servo del “sei mortale” si piglia un calcio nei cojoni e scivola dal carro. Non v’è rischio, non v’è ferita, tutto è perfetto e lucido come uno schermo. Il vetro ha il valore dell’inganno, è l’eterna illusione di vederci chiaro, di vedere attraverso le cose e coglierne gli aspetti celati, eppure dovremmo saperlo, a forza di purghe, involtini e robaccia andante, dovremmo saperlo che il vetro non chiarifica e non rivela, il vetro è illusione e menzogna. Siparietti, palestre, giochi di vetri ed eroi da due dimensioni, stupidi, tronfi, acclamati, un giorno smetteranno di affaticarsi per spostarsi da un continente all’altro per cenare o firmare cartaccia, si stancheranno anche di sentire con le loro orecchie il popolo belante o di dare un momento di speranza al singolo attentatore, allora amplieranno i vetri e le distanze.

SCRIVI e FUGGI

Kilroy was here

I festival della letteratura, le riunioni dei letterati, i sodalizi artistici di gruppi, la scrittura a 40 mani, ali babà e i 40 barboni, i sensi di colpa esistenziali, munchausen a mauthausen. Per una volta lascerò la fettuccia del “senza volere fare paragoni/paralleli”, dato che mi pare evidentissimo il divario e la discrepanza, eppure mi ritrovo in Simenon e mi rammento in Borges. Quale senso avrebbe un “simposio” di scrittori? In teoria sono animali rari che fuggono la luce del giorno, strisciano, cesellano, lavorano, vanno a ripescare nel cestino perché, alle tre del mattino, si svegliano ricordandosi che forse quella pallottola di carta era più efficace del dispiegamento massiccio del loro arsenale, disposto alla meglio sopra una monticciola bianca. Questi animali strani non sono da branco, scambi sulle tecniche di assalto alle giugolari, mai diffondere i segreti, seminari sopra l’accerchiamento ad usum artificum, non sono materia d’istruzione, sapere accerchiare in solitudine è atto di fede, atti sopra l’arte del collocare punti, virgole e punti e virgole? Solitari, ma ancora più solitari e restii se devono mettersi in mezzo ad altri millantatori: non ha senso, gare di destrezza, esibizioni da buffoni sopra il palchetto, tra l’allodola e l’alzavola, a mostrare piumaggi e gorgogliare… non è roba da pianisti seri, la tastiera non si mostra se non inoperosa, il foglio deve essere o tutto bianco o già ricolmo, con i margini stiracchiati per far saltare fuori quella desinenza che sempre ha fatto il pieno al cenone.

George Simenon: “Non abbiamo nulla da guadagnare noi scrittori a frequentare altri scrittori. Noi dobbiamo frequentare gente qualunque (…). Quando parlo con il sindaco del paese di qui, parlo dei problemi del paese e questo è interessante. Quando parlo con un fattore che mi parla delle sue mucche, questo è interessante. Ma quando parlo con uno scrittore che mi parla di letteratura, questo non mi interessa (…). Un operaio che parla del suo mestiere mi interessa, perché mi insegna qualche cosa”.

Mi rammento in Simenon e mi ritrovo in Borges, seduto in una sala che saprà forse di chiesa ma dove il dogma non regna, nonostante certi sforzi, certi corpi in torsioni da scardinare i nervi, alcuni discutono, altri giocano al primeggiare, anche i migliori ne escono con le ossa spezzate, Borges no, rifugiatosi nella ceguera si può anche permettere di discorrere in mezzo a loro, ma non li percepisce davvero o forse li annulla, un consesso di scrittori è un errore mortale, fossero anche per la maggior parte (e quasi sempre lo sono) gente che gioca a recitare la parte dello scrittore o, perdonatemi, si canta artista. Borges conversa perché li ha filtrati, come se possedesse uno di quegli anelli che donano particolari poteri, ne filtra l’essenza, non sono scrittori, altrimenti è meglio fuggire.

Chi scrive dovrebbe evitare il carrozzone, il carro, neppure appoggiarsi un secondo alle stanghe, evitare la fiatella dello scrivere testone a testone, i premi, i dibattiti, rifinisse il naso (i nasi vanno rifiniti, porcaccia la miseria, si devono addestrare come il tartufo d’un segugio o si cadrà facilmente tra le grinfie dei Tartufi) rifinisse il naso lo scrittore e sentirebbe puzza di lercio anche sui manifesti, le firme incolonnate, liste della spesa politica, fantaccini sociali in marcia verso la sventagliata di mitra, sì, rifletteteci, ci piazzate la firma e finite ad odorare i posteriori delle firme altrui tendendovi, per quanto siate poco elastici, fino a porgere le terga della vostra firma agli scribacchianti che vi seguiranno. Con questo che non vi venga il buzzo di iniziare voi una raccolta, scarligare in questi pozzi è un attimo di questi tempi, per favore, sareste solo in cima al letamaio e la puzza, se ci pensate bene, sale. Così mi pento, miei signori, mi pento per quel pochissimo di me che ho lasciato scivolare in quegli anfratti, ero giovane, avevo belle speranze, così si dice, sono solare e caduto sul fronte orientale (metà si dice ancora, la seconda la si è scordata perché le origini stupirebbero, vedi Klemperer) ma vedrò che non accada, non tanto per voi dato che ignoro ogni cosa della vostra esistenza, salvo una lieve condiscendenza nella lettura, ma per una questione di sanità e disinfestazione.