In queste mattine

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In queste mattine strane

d’attese e di baci

mischiate al senso di resa

per il tempo e le frane

in queste mattine di carezze,

sussurri e passeggiate,

che scacciano le amarezze

e le rendono passate,

resta intatto il piccolo fiore

semplice ed eterno

resta intatto il rapido bagliore

antico e moderno:

mi piaci

Il poeta (da “Canti di Nella”)

Il poeta è un disgraziato

che non sa far l’anacoreta

e deve cantare a perdifiato

canti che non lo fan profeta

 

Abbondano le sue tasche di suono,

verso e parola che si confondono

e di questi frustuli può farti dono

perché a te e non a lui rispondono

 

Tu al massimo puoi fingere in viso

di avere gradito l’offerta,

ma attenzione, sa riconoscere il sorriso

No, tu non sei quella

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(Ph: Marc Riboud)

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No, tu non sei quella

me l’ha detto una sirena

notturna in riva al mare,

me l’ha detto la tua mano

taciturna coperta d’arena

No, tu non sei quella

che cospargerà di sale

i miei passi

sul terreno d’una stella,

ammassi

di costellazioni svanite

come cumuli di vite

sono alle nostre spalle,

comete infinite d’azioni,

scie gialle di parole

No, tu non sei quella

che spingerà la mia nave

verso il sole

perché si incenerisca

l’isola che nel mio occhio

galleggia

Non sentire

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(R. Topor)

Non sentire
incivile se è finzione
penoso se è realtà
non sentire quelle parole
che risuonano perché non dette
non sentire quegli sguardi
che volteggiano perché ricordati
osserva il tuo silenzio
delimitane i confini
vedrai che sono d’altro corpo, d’altra voce,
vedrai che sono d’altra mano, d’altro respiro
allora sentirai
oppure sarà finzione

 

Bocca del tuo mistero

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(Ogata Korin 1658 – 1716)

Bocca del tuo mistero

non chiederò risposte

né luci per il sentiero

delle trappole nascoste


A mani nude la roccia

andrò infine scalando

e del sangue la goccia

m’andrà dissetando


Ripercorrere un cammino

è piacere un po’ sfrontato

assaggiare più da vicino


il corso che ci è dato

dal tempo e dalla pelle

dal senno abbandonato

Labirinti

Quanto è faticoso non dire quello che non riesci a non pensare

E

Dire quel che non pensi
perché pensi quel che non puoi dire
E
Pensare quel che non dici
perché dici quel che non vuoi pensare

 

Faccio e disfo il mio pensiero
ma resta una trama d’oro,
un profilo di sottile argento,
un sentiero di fresche gemme,
e disegnano il tuo volto

Giocano le bocche

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“André Kertész, Washington Square Park, New York , 1962”

 

Giocano le bocche
a fior di viso
centuplicano il sorriso
dei minuti incessanti.
I dolori chetati, spenti,
fermati dalla chiostra dei denti

Giocano le bocche,
la mia e la tua,
a chi rincorre l’altra
tra labirinti di sguardi,
corse sfrenate, traguardi
di labbra,
panorami senza angoscia
dove è il bianco dell’onda
che incessante scroscia
a dare la cadenza profonda
del nostro cuore che asseconda
con i suoi colpi sonori
Il canto unisono delle labbra