Sospetti

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Sospetto che quella certa libertà di scrivere e dire quel che a ognuno pare, libertà solitamente scambiata per il segno del crollo di ogni censura e la venuta del paraclito, un mondo dove c’è tutto concesso perché infine trionfano non sappiamo quali buoni spiriti, sia in realtà il segno che nessuno legge o ascolta davvero quello che gli altri dicono. Ci sono delle baruffe, a certe parole, certi termini sono come degli spilli che scatenano gazzarra, ma anche in questo caso non si può andare oltre a quei termini scatenanti, il resto delle frasi attorno si perdono irrimediabilmente. Certo, in realtà c’è censura, a partire dallo scrivente che sente come una cappa sulla sua anima e cumuli di decenni e decenni di massime della buona morale, di manuali di vincitori e vinti, di mercatini dei vocaboli usati, a questo si aggiunge il docile e pieghevole mondo dei gazzettieri un tanto a parola, si pregiano di piegarsi agli ordini ministeriali, e così se questo o quel funzionario tira una riga, annerendo un turacciolo al fuoco, sopra quattro o cinque parole, eccoli che solerti loro espellono dal vocabolario ufficiale queste reiette, mandate al confino a tempo indeterminato.

Salinger non pubblica

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I postumi della gloria sono inevitabili incubi di mal di testa e terrore, sembrava molto buono mentre ne trangugiavi ad ampi sorsi e boccate, ma dopo resta la confusione di non sapere dove sei e perché ci sei arrivato. Leggo che hanno scovato una marea di lavori inediti di Salinger, diversi romanzi, racconti, un libro di filosofia e, pare, il seguito del giovane Holden, evviva o no? Il terrore di essere arrivati in cima, quando tutto pare che ti debba giungere tra le mani e le speranze si accumulano, poi iniziano a scivolare via, già vedi alcune nubi che ti minacciano da lontano, quasi additandoti. Tu scrivi, ti ritiri, ma continui a scrivere, le pagine si accumulano e non pubblichi nulla, eppure ogni editore oramai si getterebbe ai tuoi piedi, tutto è in discesa, ma non demordi e archivi, scrivi e archivi, forse è una assicurazione finanziaria per chi ti era vicino, forse il semplice vizio della scrittura, forse è uno sforzo di guardarsi allo specchio per vedere ancora se il tuo volto è rimasto intatto. Non si capisce. Non è comprensibile, non lo è oggi, oggi chiunque tenta di pubblicare qualsiasi cosa, le case editrici pasteggiano a forza di “programmi per la autopubblicazione”, fosse anche per dare la tua versione della caponata certo hai quel plico di carte che prima o poi, appena troverai l’editore adatto, pubblicherai svelando al mondo cosa si stava perdendo. Oggi pare incredibile, Salinger non ha pubblicato, niente, dal 1965 ha smesso, difficile immaginarsi che abbia seguito dibattiti sulla sua persona, inchieste o interrogativi. Si è rinchiuso, dal 1980 non lo vedeva quasi più nessuno, e così si è perso “grandi cose” nel mondo, si è perso un gruppo di tizi che ha fondato una scuola di scrittura, si è perso un noto tuttologo che ha sputato la stronzata giovanilistica, épater la bourgeoisie (ovvero sorprendersi… altro caso evidente di chi si guarda allo specchio e vuole la conferma di non aver cambiato fisionomia) mischiando cose distinte, si è perso tanti concorsi dove si ricerca spasmodicamente due categorie di scrittori:

  • quelli che la pensano come noi

  • quelli che pagano la quota di iscrizione

Salinger si è sottratto al mondo, ha scritto quotidianamente, pare, ma non ha pubblicato più nulla, molti si sono interrogati, in fondo, si dice, lo scrittore scrive per un pubblico. Può essere, sinceramente non ci ho mai capito molto di queste riflessioni, c’è però la possibilità, ad esempio, che uno scrittore esaurisca fiducia ed interesse verso questo pubblico, dopo avere fatto esperienza di come sia, come reagisca e come la pensi. Non necessariamente tutti gli esseri umani gioiscono e stimano sulla base di un consenso. C’è anche la possibilità che uno non scriva per il pubblico o scriva e pubblichi solo perché le bollette incombono, il droghiere incalza, il salumiere borbotta, poi un giorno raggiunge una solidità e non trova più necessaria questa buriana… per me l’idea di pubblicare, dico pubblicare in forma vera e propria, qualcosa di completo, complesso, è una sorta di spauracchio e centro di attrazione, da una parte è come uno sprone a raccogliere quelle dannate carte sparse e completarle, ho dei racconti, ma troppo pochi per una raccolta, ho dei progetti, ma non completi, luoghi dove pubblicare racconti singoli o mezzi romanzi non ne conosco, e così mi faccio forza e raccolgo le forze in vista di “pubblicare” queste cose, perché? Penso per denaro. In realtà io ho dei libri già pubblicati, non sotto il nome Antonio Sabino, ho dei libri e hanno perfino venduto (accidenti?!) ma per diverse ragioni a me non è venuto un fico secco da questi volumi. I miei volumi sono diffusi, vengono citati, ma a me non è venuto nulla, neppure un centesimo e non campo di onore, non  sento l’onore più di pochi minuti. Mi devono ogni tanto esortare, incoraggiare quasi, ricordarmi che è una bella cosa essere stati pubblicati, non avere tirato fuori un centesimo per vedere il proprio lavoro riconosciuto, nero su bianco, da una casa editrice di tutto rispetto, ma io continuo a non vedere l’onore e sul perché questo o quello sia pubblicato io non lo so, varrà quello che ho scritto oppure sarà un gioco di finanziamenti pubblici, non ne ho idea. Questi lavori sono degni, questo sì, non avrei sopportato di mandare in stampa cose fatte senza impegno, mi sono costati anni di fatica, ho sudato e parecchio sopra quelle pagine, pubblicare è qualcosa infine, ma non sono del regno delle anime elette, o si è solitari o si è ben messi di famiglia, e un minimo di riconoscimento “sonante” mi avrebbe fatto piacere più del sapere che sono menzionato o che ho ricevuto ottime recensioni. Non mi riescono i discorsi elevati, il pubblico non lo scegli, non hai veri contatti con lui, di fatto è composto da persone che incontrerai qualche attimo nella tua esistenza. Così vorrei pubblicare anche le altre cose che ho tra le mani, vedermi riconosciuto un compenso, vorrei poter arrivare ad un punto per cui mi fosse possibile chiudere fuori il mondo e scrivere, se mi viene voglia, senza più mostrare. Una sola cosa rimarrebbe da decidere, queste cose andrebbero infine rivelate? Le dovrei lasciare in vista o ordinare di farne un bel falò? A gente che ci ha provato in passato non è andata bene, quello che avevano decretato per la fiamma è rimasto vivo e vegeto, altri hanno risolto nell’unico modo possibile, gettando con le loro stesse mani tutto quanto nel fuoco. Molti si interrogano, addetti ai lavori e non, sul perché della scelta di Salinger, io continuo a chiedermi cosa vi sia di strano…