Non dico
dicendo
ma taccio
parlando
tu lo sai
io lo so
il silenzio
dirà il resto
Non dico
dicendo
ma taccio
parlando
tu lo sai
io lo so
il silenzio
dirà il resto
Misterioso frammento d’istante
quell’attimo dello sguardo
dove tutto il deciso decide
(Ph: Marc Riboud)
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No, tu non sei quella
me l’ha detto una sirena
notturna in riva al mare,
me l’ha detto la tua mano
taciturna coperta d’arena
No, tu non sei quella
che cospargerà di sale
i miei passi
sul terreno d’una stella,
ammassi
di costellazioni svanite
come cumuli di vite
sono alle nostre spalle,
comete infinite d’azioni,
scie gialle di parole
No, tu non sei quella
che spingerà la mia nave
verso il sole
perché si incenerisca
l’isola che nel mio occhio
galleggia
(Ph: Willy Ronis, Fondamente Nuove, Venise,1959)
Tu che fuggi da me
Io che fuggo da te
Verso direzioni opposte
Verso destinazioni nascoste
Eppure questo sfuggire disgiunto
Ci porterà a ritrovarci in uno stesso punto
(R. Topor)
Non sentire
incivile se è finzione
penoso se è realtà
non sentire quelle parole
che risuonano perché non dette
non sentire quegli sguardi
che volteggiano perché ricordati
osserva il tuo silenzio
delimitane i confini
vedrai che sono d’altro corpo, d’altra voce,
vedrai che sono d’altra mano, d’altro respiro
allora sentirai
oppure sarà finzione
(Ogata Korin 1658 – 1716)
Bocca del tuo mistero
non chiederò risposte
né luci per il sentiero
delle trappole nascoste
–
A mani nude la roccia
andrò infine scalando
e del sangue la goccia
m’andrà dissetando
–
Ripercorrere un cammino
è piacere un po’ sfrontato
assaggiare più da vicino
–
il corso che ci è dato
dal tempo e dalla pelle
dal senno abbandonato
Quanto è faticoso non dire quello che non riesci a non pensare
E
Dire quel che non pensi
perché pensi quel che non puoi dire
E
Pensare quel che non dici
perché dici quel che non vuoi pensare
Faccio e disfo il mio pensiero
ma resta una trama d’oro,
un profilo di sottile argento,
un sentiero di fresche gemme,
e disegnano il tuo volto
“André Kertész, Washington Square Park, New York , 1962”
Giocano le bocche
a fior di viso
centuplicano il sorriso
dei minuti incessanti.
I dolori chetati, spenti,
fermati dalla chiostra dei denti
Giocano le bocche,
la mia e la tua,
a chi rincorre l’altra
tra labirinti di sguardi,
corse sfrenate, traguardi
di labbra,
panorami senza angoscia
dove è il bianco dell’onda
che incessante scroscia
a dare la cadenza profonda
del nostro cuore che asseconda
con i suoi colpi sonori
Il canto unisono delle labbra
Questa sera è la tristezza
che si alza nel cielo
come un fumo grigio
un incendio da poco sopito
quel fumo che si disperde
senza che si possa fermare
quel fumo che sfugge
ad ogni mano, allo sguardo,
eppure
perfino la tristezza
è dolce, è vivibile
perché tu sei con me
e quel dolore sottile
delle palpebre strette
inutili ad arginare
non è così dolore,
non è così eterno.