In queste mattine

vermeer-copertina-1200x600

In queste mattine strane

d’attese e di baci

mischiate al senso di resa

per il tempo e le frane

in queste mattine di carezze,

sussurri e passeggiate,

che scacciano le amarezze

e le rendono passate,

resta intatto il piccolo fiore

semplice ed eterno

resta intatto il rapido bagliore

antico e moderno:

mi piaci

Il poeta (da “Canti di Nella”)

Il poeta è un disgraziato

che non sa far l’anacoreta

e deve cantare a perdifiato

canti che non lo fan profeta

 

Abbondano le sue tasche di suono,

verso e parola che si confondono

e di questi frustuli può farti dono

perché a te e non a lui rispondono

 

Tu al massimo puoi fingere in viso

di avere gradito l’offerta,

ma attenzione, sa riconoscere il sorriso

SaraiSaprai (da “Canti di Nella”)

Sarò con te
se tu sei con me
Sarai con me
se io sarò con te
Sarai com’è
se io sarò con te
Saprò com’è
se tu sarai con me
Sarò con te
se non sarai con me
ma sarai con me
se non sarò con te?
Sarà com’è se sarai
non con te non con me
con me sarai con te
se sarò con te
allora saprò com’è
essere con te
se sarai con me
che sarò con te.
Saraisaprai com’è
Sarai
Saraisaprai com’è
Sarò
com’è?
Saremo?

Saraisaprai

Sapremo

Nome

Non ho tolto il tuo nome dalla dedica

avrei potuto

i tempi d’ogni pubblicazione li conosci

avrei potuto

con una riga di penna cancellarti

ma non si possono tirare righe dentro,

neppure le incisioni più profonde,

eradere la superficie,

scalpellare ogni parola,

c’è sempre chi ti vede in controluce,

c’è sempre chi è più esperto e ti scorge

in quel piccolo punto morto dell’occhio,

siamo fatti per brillare

ma ci bruciamo pure

ed è difficile sostituire il canto al canto

—–

Non ho tolto il tuo nome dalla dedica,

avrei potuto,

all’editore non importa,

avrei potuto

con un semplice segno farti svanire

e poi pentirmene e scrivere “vive”

sul bordo

e poi ripentirmene ancora e ricancellare

e via, e via, e via,

e l’editore starebbe ancora attendendo

(di questo sì che gli importa)

maledicendo questo nome, il mio,

che rimane sospeso sopra un nome, il tuo.

Quando il mio tempo verrà (da “Canti di Nella”)

Kitagawa Utamaro, Bellezza che si incipria il collo, c. 1790

Quando il mio tempo verrà

Esponete il mio corpo alla Luna

Perché il Sole è troppo volgare

Nel rivelare tutti assieme i segreti

 —–

Vegliatemi

E sentirete sussurrare il mio volto

Mentre la Notte gli donerà quelle lacrime

Che ha dovuto nascondere in vita

 —–

Esponete il mio corpo alla Luna

E cadrà ogni maschera del Tempo,

le dita tracceranno i nomi

che hanno attraversato il mio sguardo

mentre prenderò il volo

verso quella luce silente,

in viaggio fino a quel punto

dove l’orizzonte si perde

baciando cielo e terra