DIETRICH FISCHER-DIESKAU (28 maggio 1925 – 18 maggio 2012)

   Il baritono Dietrich Fischer-Dieskau è morto oggi a Berg, presso il lago di Starnberg, in Baviera. Fra 10 giorni avrebbe compiuto 87 anni. Nato nel 1925 a Berlino, ritiratosi dalla attività di cantante nel 1992 per dedicarsi alla direzione, alla scrittura e alle lezioni, Fischer-Dieskau ha segnato senza dubbio tutto il ‘900 e, per influenza, anche questo principio di nuovo millennio. Osannato o odiato, accusato di avere una voce inadatta all’opera, da altri ricordato come uno dei pochi cantanti davvero dotati di un cervello interpretativo, Fischer-Dieskau lascia una discografia vasta, da Monteverdi ai contemporanei; amato da alcuni compositori (penso a Britten o a Reimann), ha lavorato con tutti i principali nomi della Classica ed è stato accompagnato da alcuni dei più grandi pianisti del secolo nelle sue incisioni liederistiche. Molte cose resteranno, in particolare nel settore del Lied, Schubert sopra ogni cosa, insuperato ancora oggi dopo l’incisione dell’integrale degli integrali da parte di Graham Johnson. La quasi integrale raccolta di Fischer-Dieskau e Gerald Moore (21 cd editi della Deutsche Grammophon) resta punto di riferimento inevitabile per ogni interprete di liederistica, anche il più critico nei confronti della interpretazione del berlinese (ricordo aspri biasimi di un fonomaniaco d’eccezione come C. B.). Dieskau però non è stato solo liederistica, anche se certo è l’ambito dove più ha profuso le sue forze e nel quale più ha dato anche nell’ambito della didattica. Le sue incisioni di Mahler, il suo conte d’Almaviva e il suo Don Giovanni, Bach, in particolare l’esperienza con Richter, sono solo alcune dei doni che ci ha lasciato e anche lo stesso contestatissimo Wagner rimane, a mio parere, un esempio, in particolare per i Maestri Cantori. Perdersi in ricordi personali è un po’ il vizio diffuso in occasione della scomparsa di grandi o meno, ma al tempo stesso è una sorta di omaggio sentito che abbiamo l’obbligo di fare. Non ho mai avuto la fortuna di incontrare Fischer-Dieskau, ma il mio amore per la liederistica è nato da un primo disco, una raccolta di alcuni lieder di Schubert tratti dalla storica integrale con Moore, il passo da quel singolo disco alla intera raccolta è stato breve, fulminato letteralmente dalla bellezza della voce e dal carattere  impresso ad ogni singolo lied. Negli anni ho potuto fare confronti con altri cantanti, anche dotati di voci certo superiori, ma devo ammettere che ancora oggi trovo le interpretazioni di Dieskau sempre uniche, come unico è il progressivo variare interpretativo, ad esempio dei vari cicli liederistici, in particolare il Winterreise, un variare che certo teneva conto anche di un deteriorarsi progressivo dello strumento, ma al tempo stesso anche una consapevolezza differente riguardo all’infinito viaggio del viandante. Di lui ho la cortese risposta ad una mia lettera, con allegato una foto in abiti di Falstaff. Ogni tanto in questi anni mi son sorpreso a pensare se riscrivergli, anche se sarebbe stato solo uno scocciare, altrettanto mi sono sorpreso a riflettere sopra a quel giorno che purtroppo oggi è arrivato. Anche se parrà retorica io Fischer-Dieskau non posso che immaginarmelo come alla fine del Winterreise, nella ultima edizione incisa con Perahia, in quella strana simbiosi per cui oramai il “giovane” vedeva il “vecchio” essendo entrambi, dunque seguendosi, in quel viaggio lungo quei sentieri non battuti dagli altri uomini, anche se qualcuno certo, prima e dopo, vi sarà passato, me lo immagino così, fissato in quel mastodontico punto interrogativo con il quale si conclude una delle opere più perfette e perfettamente “inconcluse” della storia del genio umano.