Frutti del Concilio Vaticano II (parte 4) + Bonus Pinocchio

Partiamo con alcune indicazioni di uno dei fautori del Concilio

E poi…


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Chiudiamo con il bonus Pinocchio. In questi giorni è venuto a mancare alla età di 100 anni il Cardinale Loris Capovilla, già segretario di Giovanni XXIII e da molti considerato uno dei più attenti e solerti fautori delle riforme del Vaticano II e del loro consolidamento dopo la morte di Roncalli. Questo è un fotogramma da una intervista reperibile in youtube. Alle spalle notiamo la presenza di un Pinocchio, cosa che potrebbe portarci ad interessanti divagazioni sul valore simbolico, ma vogliamo concentrarci sulla parte bassa del pupazzo… che cosa è quella vistosa asta lignea che esce dal Pinocchio? Il braccio no di certo visto che si vede chiaramente terminare a fianco…

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Noie

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Si vivono vite mediocri, pezzi di sguincio, sabati di orgette vip club, 50 euro al buttafuori, buttadentro nei peggiori cessi di Manhattan, insensatezze e stupidità, tristi come i buchi nell’intonaco nuovo per fare vedere la pietra antica di certe bettole da riviera, miserandi come l’alzato trilobato, mezzo chiuso mezzo andato, non se ne può più. I viaggi in terza classe con bocciatura condonata, semestre sabbatico, inseminazione celebrale e una miseria invincibile. Tristezza da bagni di sole, da lotterie stagionali, inzuppamenti postbellici e parabellici che neppure i peggiori lotofagi, tempo che scorre, indifferente, siete tristi, valutabilmente tristi, moderatamente tristi, siete di quella tristezza sconcia di un pavimento di coccio pesto, siete da interstizi e sciabattìo, cosa fai per questo fine, vado affanculo, pure ‘sta volta?, sì, con gaudio, e chi è gaudio, Gaudio Lerner, tv, tivvi, non guardo tivvi, non guardi tivvi, tivno, mi sfianco gli zebedei di internetti, scendiletti e caminetti, guardate guardate, ma restate sempre.

Patti chiari… Patty Pravo?

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Il Patto annunciato tra Franceschini e le principali televisioni italiane per promuovere la lettura è comparabile ad un patto con Cicciolina e Siffredi per promuovere la verginità. Dicono che “garantiranno promozioni di libri nei programmi” e cosa vuol mai dire? Secono qualcuno leggere delle porcherie è meno dannoso di non leggerle? La Televisione non dovrebbe fare un accordo con nulla. Hanno affossato molto e adesso devono svenderti libracci di amici degli amici degli amici di amici di amici degli amici.

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Franz Kafka in Italia, tra aerei, d’Annunzio e pulci.

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A Brescia, una sera tardi, volevamo andare rapidamente in una certa strada che, secondo noi, doveva essere piuttosto lontana. Un vetturino ci chiede tre lire, noi ne offriamo due. Il vetturino rinuncia alla corsa e per pura amicizia ci descrive la lontananza addirittura paurosa di quella via. Allora incominciamo a vergognarci dell’offerta che avevamo fatto. Bene, facciamo tre lire! Montiamo, la carrozza fa tre svolte per brevi stradette ed eccoci alla meta. Otto, più energico di noi due, dichiara che non ha nessuna intenzione di pagare tre lire per una corsa che è durata un minuto. Dice che una lira è più che sufficiente. Ecco qui la lira. È ormai notte, la stradetta è deserta, il vetturino robusto. Questi si riscalda subito come se la lite durasse da un’ora: “Come? Questo si chiama imbrogliare. Cosa credono loro? Si sono pattuite tre lire e tre lire devono essere. Fuori le tre lire o la vedrete!” Otto: “Vogliamo la tariffa o chiamiamo le guardie” La tariffa? non esiste tariffa. E poi che c’entra la tariffa? Si trattava di un accordo per una corsa notturna, ma lui era disposto a lasciarci andare se gli pagavamo due lire. Otto, con voce da far paura: “La tariffa o le guardie!” Dopo grida e ricerche quello estrae una tariffa sulla quale non si vede altro che sudiciume. Ci mettiamo d’accordo per una lira e cinquanta e il vetturino prosegue per quella via stretta nella quale non può voltare ed è non solo furibondo ma anche, mi sembra, malinconico. Infatti il nostro comportamento non è stato giusto, purtroppo; così non si deve fare in Italia, può darsi che sia bene altrove ma non qui. Ma nella fretta chi sta a pensarci? non c’è niente da fare: in una breve settimana aviatoria non si può certo diventare italiani

F. Kafka, Gli Areoplani a Brescia

Franz Kafka nel 1909 chiese una vacanza per ragioni di salute, i suoi nervi erano logorati dal continuo lavoro di ufficio e dalla assenza di qualsivoglia periodo di pausa negli ultimi tre anni. Armato di certificato medico lo scrittore presentò richiesta ufficiale e ricevette un permesso straordinario di 8 giorni. Ad inizio settembre Kafka e i fratelli Brod giunsero presso Riva del Garda per godersi un po’ di riposo in un luogo che, come oggi, era una meta molto gradita per i sudditi dell’allora impero. Non sarà l’unica volta che Kafka andrà a Riva, nel 1913 questo luogo rappresenterà per lui una sorta di piccolo rifugio. In entrambi i casi Kafka soggiornò presso il Sanatorium del Dr. Von Hartungen.
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Coincidenze della memoria (racconto breve)

Boris Kustodiev [Russian Painter, 1878-1927 by Catherine La Rose (2)

Boris Kustodiev

   Questo mio vizio del tenere un diario è nato dalla mia fissazione per le coincidenze. Ho sempre creduto che clima, luoghi e giorni collaborassero a indirizzare le nostre e le altrui azioni, ho registrato così ogni fatto per potere, di anno in anno, compiere a ritroso il cammino. Ho tirato linee, messo frammenti sulle bacheche di casa, tracciato tramite puntine e cordicelle dei disegni geometrici tra data e data, nel corso di pochi anni pensavo così, ancora lo credo pur con meno forza, di potere stabilire l’andamento generale degli anni a venire per me e per chi mi stava attorno. Per questo ho il diario, per questo ho conservato memoria di quanto ho visto frequentandola. C’è chi, sorridendo, mi ha chiamato suo servitore, chi addirittura suo confidente spirituale, non so se mi stiano deridendo o blandendo, ogni giorno squilla il telefono, il fine settimana suonano al cancello due o tre persone, vogliono intervistarmi, vogliono sapere, chiedono insistenti e io rispondo, rispondo quello che dico di ricordare, quello che posso dire, ma non uso mai i miei diari, non li svelo, dico loro quello che tutti dicono eppure quel che dico io vale tanto di più. Dopo la mia morte qualcuno li vedrà questi quadernetti sparsi, valuterà di anno in anno le mie vicende, ma io non li voglio svelare.

   L’ho conosciuta tanti anni fa, lei è del mio quartiere, ma ci siamo incontrati in età adulta, già ne parlavano tutti, lei era alla mano, cortese, disponibile, non si dava davvero troppe arie, ma non posso certo dire che, al di là di quelle occasioni dove la necessità dominava tutto, lei cercasse contatti umani con quella gente che ricorreva sempre più a lei piena di speranza. Restava selettiva, ma se capitava in pubblico non si mostrava mai infastidita. Cosa vide in me? Perché diventai così assiduo tanto da seguirla poi ad ogni ora? Non potrò mai dirlo, ho sfogliato e risfogliato i miei appunti, non ho trovato nulla, anzi, una noterella mi ha portato alla memoria che, a suo tempo, ebbi l’impressione di esserle antipatico. Invece non fu così, mi venne a cercare, mi allestì un appartamentino a fianco del suo. Io la seguivo un po’ ovunque, mi incaricavo anche di questioni pratiche e chi si ricorda può immaginare la quantità di faccende che mi cadevano addosso, sempre di più. Lei percorreva in lungo e in largo la penisola, poi il mondo, io dietro con biglietti e agende, ogni festa, ogni ricevimento, ogni serata danzante, eravamo ovunque e la nostra intimità era totale. Chi credete che le tenesse la testa quando, dopo una sbronza, vomitava in qualche bagno? Chi andava a comprarle la dose? Io, io pulivo pure la tazza del cesso prima di mettere la pista per la pippata serale, quando iniziava a perdere colpi, quando il sonno si faceva sentire e lei voleva continuare a fare festa (ovviamente pippavo pure io, ma ho smesso, saranno 10 anni ad agosto). E chi si occupava di tutti gli amanti… ho bruciato tutto alla sua morte, ho dato alle fiamme gli elenchi con tutte le annotazioni che mi dettava, ho dato tutto alle fiamme anche se lei voleva che li tenessi… “sono la tua pensione, tienili, ti serviranno, chiami questo e chiami quello, vedrai”, ma io avevo già di mio: mi ha sempre pagato bene e mi ha sempre dato una percentuale delle mazzette, in fondo ho faticato tutta la vita come un mulo, correndo a destra e a manca, neppure mi sono fatto famiglia! E forse è meglio perché la sua passione più grande era disfarne, ogni uomo sposato era una preda sempre più interessante dello scapolo, amava la catena di conseguenze, le rotture, le grida, amava cogliere sul volto dell’amante di turno la traccia dei problemi di casa. I singoli spesso li torturava con la faccenda degli aborti, si inventava di essere incinta, quelli iniziavano a spaventarsi, poi fingeva di abortire, altre volte invece abortiva davvero, ma spesso in questo caso neppure avvisava il padre mancato.

Poi si ammalò, la cosa fu penosa, penosa perché non sapeva accettarlo, non volle ridurre il ritmo, anzi, divenne sempre più famelica di tutto, penso che sarebbe vissuta ancora qualche anno se si fosse moderata, ma era impossibile, la sua natura non poteva accettare pause. Mi manca. Nonostante i bisticci e le terribili scene, le pretese continue, devo dire che sento sempre la sua mancanza. Ho eliminato tutte le sue foto, cerco di non vederla, perché divento sempre più sensibile, in particolare nei mesi di febbraio e giugno, un nulla basta per commuovermi e non voglio mostrarmi in questo stato. Non scriverò nessun libro, nessuna biografia e nessuna intervista verità, non voglio dire nulla eccetto quel poco che dicono tutti, non mi vedrà mai nessuno in televisione, né in qualche documentario e quando morirò i miei diari saranno depositati per 100 anni presso una banca, poi che leggano quanto vogliono o brucino tutto. Voglio restare in casa, tranquillo, tra i miei libri el e mie piantine, ricordare quello che voglio ricordare e pensare il minimo indispensabile, lontano dal frastuono e dal baccano. Per questo, Santo Padre, non ho intenzione di partecipare alla cerimonia di beatificazione che si svolgerà a San Pietro il mese prossimo.

Mi comprenda e perdoni.

Le giuste proporzioni (breve racconto)

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Jonathan Janson, Girl in Hyacinth Blue

Il Paradiso… il Paradiso… voi non potete sapere… voi non potete capire quante notti ho passato in contemplazione del cielo e mi rompevo la testa, colpi duri, sopra il cranio, per pensare meglio, nel dolore, a quella visione che m’era negata. Cristo, Dio, il Paradiso, la Rosa celeste, la visione della luce eterna e immensa, ma dove, dove mi sarei trovato, quanto avrei atteso? Quale fila interminabile è per le anime in attesa di giungere al cospetto del Signore e quanti peccati avrò da espiare… eppure io non pecco, non pecco molto oramai, cose comuni, niente stragi e niente scannamenti, non ho neppure le braccia forti, ma attorno sono tanti come me, mediocri come me, con i loro piccoli peccati, le loro colpe comuni… e pensavo, pensavo, come ascendere, come conquistare un seggio in Paradiso, prima fila, centrale, davanti a Dio, lo schermo immenso, la luce del Proiettore Universale sempre accesa.

Una di quelle notti, perse senza dormire, a tratti scivolando in quei brevi svenimenti che ci permettono di proseguire la veglia, capì che Dio, Dio che ci ama tutti, ma che vuole da noi ubbidienza, sa valutare con le dovute proporzioni di tempi e modi. Epoche dove non vi sono guerre, dove non si diventa generali o boia, dove non vi sono carneficine attorno a noi, sono epoche dove le colpe sono per forza cosa da poco, allora ecco che nel grande abaco stellare quel peccatuccio che valeva 1 vale 10, dunque ancora più lunga l’attesa, l’espiazione, il battere sconsolato alle porte eterne. E allora capii, capii che da questo mio luogo lontano e notturno, oscuro e deserto, da questo precipizio di terra che mi tormentava potevo scalare fino alla Visione solo ammonticchiando peccati altrui, salire sopra le carcasse disanimate, scalare di peccatore in peccatore e trovai il trucco. Il trucco è banale, lo so, ma alla mia mente appare maestoso, come capita spesso per un sogno coltivato al buio. Io non posso innalzarmi con le mie forze, troppo debole, anche lasciare i miei peccatucci mi è impossibile e, pur facendolo, non sarei il solo, allora mi sono convinto che dovevo aggravare quelli degli altri, spingerli a condurre una vita votata alla perdizione più estrema, peccare, peccare gravemente, peccare sopra ogni cosa, bestemmiare senza alcun ritegno, dalla mattina alla sera, peccare con la carne, con lo spirito, con la mente, prendere talmente dimestichezza da non porsi più alcuna questione, salvo per alcuni istanti, istanti di superbia e piacere, istanti fatti per rinfuocare il desiderio del peccato… in quei momenti, io lo sapevo bene, uno poteva vantarsi delle sue bestemmie, delle sue imprecazioni, farne a gara, scagliarne con il gusto di una sfida prelibata e attesa, per poi affondare nuovamente in una insensibile quotidianità del peccato più torbido e basso.

L’ho fatto, sì, ho portato avanti il mio piano, di anno in anno ho accresciuto le manchevolezze di chiunque mi sia venuto a tiro e poi, con tutti i mezzi a disposizione, ho propagato l’infezione, di orecchio in orecchio, di mano in mano, fino a coprire molto e molto spazio… Dio è giusto e valuta secondo proporzione, vedrà le colpe di chi mi era attorno, la gravità del loro male, soppeserà e mi accoglierà nuovamente al suo cospetto, madido e sporco dei cadaveri che ho dovuto scalare, ferito e insozzato dai peccatori che ho dovuto scavalcare… aprirà le sue porte, le sue porte eterne e  i cherubini mi porteranno al mio posto, là, proprio davanti a Dio… e non mi ribellerò mai più.