Tutto è uguale
Tutto è diverso
indomito al male
resisto dell’universo
sapendo che è sciocco
inutile ed infine vano,
perché il tempo fugace
con noi un poco si trastulla
e quel che è dolore e che piace
è or quel Tutto che poi è Nulla
Tutto è uguale
Tutto è diverso
indomito al male
resisto dell’universo
sapendo che è sciocco
inutile ed infine vano,
perché il tempo fugace
con noi un poco si trastulla
e quel che è dolore e che piace
è or quel Tutto che poi è Nulla
Dietro la selva intricata
e morente della modernità
resti tu così immortale
Il seme di Dio è nel mare,
infinita completezza,
Kaos perfetto,
dove si annidano tutte le albe ed i tramonti,
la curva gaussiana degli universi
…
Tu danzi solitaria
Come scivolano le onde senza domandarsi
Del prima e del dopo,
ora un riflesso d’azzurro, ora d’argento
…
Il seme di Dio è nel mare
e la tua bocca fa come le onde
che avanzano e si ritraggono
sul filo invisibile appena sotto il cielo
…
Tu danzi terribile
Una testa alla volta
tagliata dalla corda che ti sorregge
E tu non ti senti legata
Perché leghi
…
Il seme di Dio è nel mare,
ti cerco tra le onde dove non so specchiarmi
perché porti via l’intero riflesso:
se andassi al largo ti incontrerei
sotto forma d’agonia
…
Rotoliamo giusto l’istante dello sprofondo
Ed un usciere rimette il mio capo
Un poco sbilenco, là, in alto,
Per dare nuovo inizio allo spettacolo
…
E la fine è un battito d’ali.
Non mi spiace
Quello che m’è piaciuto
Per accidenti di percorso
Mi spiace
Quello che ho vissuto
Senza che sia occorso
Non ti imporrò la mia presenza
-non la vuoi più-
ma tutto il peso della assenza
Ancora uno sforzo, mano derelitta, scaglia
avanti il cuore e poi rinuncia alla battaglia,
il corpo è oramai un cavo contenitore
ed il cervello si è rivelato un adulatore
Hai spezzato la spada, il mantello vecchio
è dato alle fiamme, infranto lo specchio
giace ai tuoi piedi totalmente frammentato
da altre mani, ridotto in pessimo stato
Smetti di chiedere ragioni
che a nulla serve la mente
se non a fare questioni
Che poi troppo sente
il tuo esausto spirito
così tutto dolente
Sia quel che sia
le notti più illuni
o i deserti infiniti
sia quel che sia
i ghiacci più immuni
gli incendi mai sopiti
sia quel che sia
di questo corpo frammentato
in tanti cervelli, in tanti pensieri
contro questo, contro quello,
contro i demoni che i sentieri
confondono, rigettano da capo
i viandanti per la loro strada
sia quel che sia
ché per quanto si strepiti e si lamenti
non v’è altro che sappia sopportare
quello che ciascuno sopporta
eppure è bugia, eppure il male
alla fine è una somma sempre uguale.
Soppesare ogni parola
con bilancia invisibile,
valutarne il gusto, il colore,
riconoscerla fra tutte, sola
speranza d’un tempo vivibile,
fuoco inconsunto, ardore
eterno che strangola,
cinge, schiaccia la gola
Soppesare ogni parola
perché basta una lettera
a creare un abisso
invalicabile, nulla vola
al di sopra, né zattera
che ti tenga in piedi, fisso
sopra l’oceano in tempesta
scatenato dalla parola funesta
Soppesare ogni parola
col terrore di chi smina
attorno alla propria casa:
nulla alla fine ti consola
se sbagli e vedi cristallina
la Patria, la Vita erasa
da tutti i volumi della storia
e la tua anima ridotta a scoria
It was many and many a year ago,
In a kingdom by the sea,
That a maiden there lived whom you may know
By the name of Annabel Lee;
And this maiden she lived with no other thought
Than to love and be loved by me.
I was a child and she was a child,
In this kingdom by the sea:
But we loved with a love that was more than love –
I and my Annabel Lee;
With a love that the winged seraphs of heaven
Coveted her and me.
And this was the reason that, long ago,
In this kingdom by the sea,
A wind blew out of a cloud, chilling
My beautiful Annabel Lee;
So that her high-born kinsmen came
And bore her away from me,
To shut her up in a sepulchre
In this kingdom by the sea.
The angels, not half so happy in heaven,
Went envying her and me –
Yes! that was the reason (as all men know,
In this kingdom by the sea)
That the wind came out of the cloud one night,
Chilling and killing my Annabel Lee.
But our love it was stronger by far than the love
Of those who were older than we –
Of many far wiser than we –
And neither the angels in heaven above,
Nor the demons down under the sea,
Can ever dissever my soul from the soul
Of the beautiful Annabel Lee;
For the moon never beams without bringing me dreams
Of the beautiful Annabel Lee;
And the stars never rise but I feel the bright eyes
Of the beautiful Annabel Lee;
And so, all the night-tide, I lie down by the side
Of my darling -my darling -my life and my bride,
In the sepulchre there by the sea –
In her tomb by the sounding sea.
Tutto è canto e suono
tra queste mani lo puoi vedere,
le increspi, le stendi, un tuono
in ogni giuntura, riviere
silenti tra le falangi e le dita,
mistero dei gesti. La vita
potresti racchiudervi
senza scomodare il suono di una parola,
senza scopiazzare versi
o rivestire con il sacro copricapo
leggero da serico poeta
il tuo scrivere andando a capo.
Il muto anacoreta
scrive versi che poi disfa
al vento che spazza
il suo giaciglio
quando è vermiglio
quel portale immenso,
egli è poeta di razza
senza alcun consenso,
senza suono o udito,
ed il suo versificare eterno,
non ha bisogno che sia scandito
dall’applauso o dal solito giro
di starnuti, tra un poema e l’altro.