GUSTAV LEONHARDT (1928-2012). L’ULTIMO CONCERTO.

Il 16 gennaio Gustav Leonhardt è morto ad Amsterdam. Il recente e improvviso ritiro dalla attività concertistica, per motivi di salute, lasciava temere qualcosa di molto grave e purtroppo il dubbio si è rivelato corretto. Con la scomparsa di Leonhardt si chiude un’era, come titola giustamente l’autore di un elogium in un blog che vi consiglio di tenere d’occhio. L’era dello scavo filologico (rigoroso ma mai pedante), del recupero, ma anche della reinterpretazione, del tentativo di ricostruire il suono per come era stato concepito al momento della scrittura. Certo un Bach o un Mozart potevano concepire un suono che andava al di là del momento e degli strumenti dell’epoca, nel senso che poteva ugualmente arricchirsi di sfumature con l’avvento di altri strumenti, ma resta il fatto che certo un compositore pensava prima di tutto ai mezzi con i quali aveva familiarità. Chi ha avuto la preziosa occasione di conoscerlo nel privato o anche solo in una masterclass ricorda un Leonhardt molto più rilassato e amichevole, scherzoso, rispetto a chi, come me, ha potuto solo vederlo al clavicembalo (per parte mia quello che più conta) o osservarlo a passeggio sotto un chiostro. Quello è il Leonhardt che ho fisso nella memoria, anche se vi sono interviste e filmati dove appare certo meno ieratico e la ieraticità attribuita è sempre parte di un gioco letterario che noi stessi, si spera consapevolmente, amiamo reiterare, un topos letterario che ci piace e che consapevolmente sfruttiamo, pur sapendo in noi che la vita reale non è di questa materia, ma come rifuggiamo il verismo teatrale, l’assurdo di voler abbassare al vero quello che è illusione compiaciuta, così tendiamo a disegnare il nostro personale ritratto, obbligatoriamente compenetrato dall’opera. Non mi dilungo oltre, già ho avuto modo di scrivere qualcosa sopra Leonhardt. Come estremo omaggio a questo straordinario pioniere allego, fino a quando sarà visibile in youtube, la registrazione del suo ultimo concerto. Difficile dire se la commozione venga dalla figura stanca, con i guanti, certamente indebolita dalla malattia, oppure dalla consapevolezza di assistere alla ultima esecuzione pubblica del Maestro. Il bis non poteva che essere Bach, la 25esima variazione delle Goldberg. Bach per Leonhardt fu sempre il più grande compositore e il massimo mistero, l’insondabile, l’indicibile. Superiore al genio ultraterreno di Mozart, il genio di Bach, umano eppure così incontenibile, ha sempre affascinato e rapito Leonhardt. Bach che è forse la migliore, la somma risposta a tutti quelli che, oggi sempre più, si fanno rapire dalla minchioneria del “nuovo” confondendo qualcosa di transitorio con qualcosa di eterno, Bach era fuori dal suo tempo, attardato perfino, eppure quasi tutti i grandi compositori dopo tornarono, spesso nelle loro personali tarde età (dico personali perché quella di Mozart fu attorno ai 30 anni) a Bach, così Beethoven, così Mozart, così tanti altri. Ecco a voi l’ultimo concerto di Leonhardt.


2 pensieri su “GUSTAV LEONHARDT (1928-2012). L’ULTIMO CONCERTO.

  1. Mi piace molto questo post, caro don Anto’, mi piacciono molto le vostre considerazioni sulla “necessità” che sentiamo di trasfigurare uomini che maneggiano con tanta perizia una materia preziosa e impalpabile come la musica nelle sue espressioni più alte. Il nuovo che giustamente guardiamo il più delle volte con sospetto è spesso solo il tentativo di strappare autori e opere alla dimensione indefinibile dell’arte per calarli a viva forza nel quotidiano contemporaneo e allora ad alcuni potrebbe sembrare logico concepire un Bach per batteria e campionamenti di computer. La figura di Leonhardt, elegante nonostante le prove della malattia, maneggia ancora con sicurezza la perfezione di quelle composizioni esprimendo tutta la confidenza che egli aveva con la loro eternità. Una confidenza che annulla la transitorietà del banale e del quotidiano, e forse anche quella della morte.

  2. Sono operazioni prima di tutto commerciali paludate di necessità sociali (già questo mi ripugna e mi tiene alla larga, la parola sociale è lo scivolo della macchina che smembra i polli ancora vivi) si dice che si cerca di avvicinare i giovani alla classica, quando basterebbe una educazione musicale decente nelle scuole e poi ognuno, come meglio crede, prenderebbe la sua strada e non per forza quella classica, ma eviterebbe di farsi infinocchiare dalle alleviate o bocelliate o il meglio di o ancora il Bach per kazoo e grancassa. Leonhard era elegante, ieratico, nella vita di tutti i giorni chissà, ma quando toccava il clavicembalo o si accingeva a toccarlo entrava in quella concentrazione che condivide molto con la telepatia, credo.

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