Brevi noterelle sorte dal Caso Moro di Giuseppe Ferrara (ovvero come le Santificazioni Laiche e Semi religiose siano pericolose)

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   In uno dei racconti in merito a Dionigi Tiranno di Siracusa leggiamo che, per spiegare ad un suo amico quanto la sua condizione di potente non fosse tale da renderlo felice, Dionigi mise le sue vesti addosso a questo conoscente, lo collocò sul trono, diede a lui lo scettro e al di sopra della sua testa fece posizionare una spada acuminatissima, trattenuta al soffitto solo da un filo sottile. Il potere sommo, diceva, aveva come contrappasso il rischio perenne.

   L’altro giorno è venuto a mancare Giuseppe Ferrara, un regista che non ricordo particolarmente eccetto che per il Caso Moro che mi capitò di vedere a pezzi quando venne trasmesso in televisione. Non conservo particolari impressioni, tranne forse un certo senso di “eroismo socratico” che attraversava le parti che ebbi modo di vedere. Gian Maria Volontè reintrepreta Moro, dopo averlo fatto pur non ufficialmente in Todo Modo di Petri, l’interpetazione è sempre ottima visto l’attore, ma certo quel Moro, teoricamente realistico, suona più fasullo del Moro ambiguo e visionario della bella opera di Petri. Il Presidente, così viene nominato nel film di Petri, sembra molto più vicino alla figura del politico DC e certo mostra quale fosse l’opinione che una parte della società italiana provava nei riguardi di Aldo Moro. Poi il sequestro, la carcerazione, la morte e si è formato il Santino.

   Tragica conseguenza di un fatto tragico è l’idealizzazione del morto che viene liberato di tutti i suoi atti e di tutte le sue azioni e portato ad assumere il compito di diventare rappresentante di speranze e desideri irrealizzati. Il corpo di Moro, come il corpo di Mussolini o di altri politici morti ammazzati ha assunto un valore propagandistico tra i vari schieramenti rimasti. Resta certo che con la sua morte le voci fuori dal coro a condanna delle azioni politiche di Moro e della sua funzione all’interno della DC sono diventate pochissime, ricordo ad esempio il Io se fossi Dio di Gaber che nel 1980, a pochi anni dai fatti, aveva ancora il coraggio di cantare

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 Io se fossi Dio,
quel Dio di cui ho bisogno come di un miraggio,
c’avrei ancora il coraggio di continuare a dire
che Aldo Moro insieme a tutta la Democrazia Cristiana
è il responsabile maggiore di trent’anni di cancrena italiana.
Io se fossi Dio,
un Dio incosciente enormemente saggio,
avrei anche il coraggio di andare dritto in galera,
ma vorrei dire che Aldo Moro resta ancora
quella faccia che era!

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